sabato 29 settembre 2012

Oriol Nel.lo, Ordenar el Territorio. La experiencia de Barcelona y Cataluña



Oriol Nel.lo, Ordenar el Territorio. La experiencia de Barcelona y Cataluña, Tirant Humanidades, Valencia. Pp 256. sip
Da Asur 2012

Oriol Nel.lo, non è un  tecnico, magari prestato alla politica, come si dice in Italia, ma un tecnico-politico che ha guidato la pianificazione in Catalogna negli ultimi anni[1], una esperienza di grande importanza, ricca di insegnamenti e fruttuosa nei suoi esiti. Tecnico, geografo esperto di pianificazione, con esperienze internazionali, che ha guidato per molti anni l'Istituto Metropolitano di Barcellona, che tante ricerche e approfondimenti ha prodotto sulla dinamica della metropoli catalana. Politico, perché dotato di una propria visione politica, frutto di militanza, riflessione e confronto con le trasformazioni della società; un uomo di sinistra dove il sostantivo non è una collocazione, ma una visione del mondo e un approccio alla trasformazione.
Di questa esperienza di guida del governo del territorio catalano il presente volume costituisce un bilancio, non un semplice racconto di cose fatte, ma piuttosto l’analisi delle diverse situazioni, delle soluzioni di volta in volta trovate, del lavoro di equipe svolto, e, certo, anche dei risultati ottenuti. La struttura del volume, come vedremo, è stata pensata dall'autore proprio per non dare il senso di un bilancio trionfale, ma piuttosto per indicare il lavoro fatto, il metodo di lavoro utilizzato, sui diversi aspetti e i risultati ottenuti.
Due sono le linee guida che hanno caratterizzato l'attività di Oriol Nel.lo e della sua equipe: da una parte cercare di rispondere al processo di urbanizzazione attraverso l'adozione di nuovi strumenti di governo delle trasformazioni e di attuazione che rompessero il punto di vista soltanto municipale. Una opzione questa dettata non già da posizione precostituita ma dall'analisi attenta sia dei reali processi di urbanizzazione sia dell'integrazione, funzionale, economica e sociale dei territori. Dall'altra parte, pur in una contesto nazionale e internazionale che premeva per la deregolamentazione di ogni processo di trasformazione del territorio (storia che abbiamo anche vissuto e subito nel mostro paese), l'affermazione netta ed esplicita del potere e della responsabilità pubblico nella pianificazione e trasformazione del territorio.
Strumenti innovativi, da una parte, governo pubblico delle trasformazioni, dall'altra parte. Queste due opzioni hanno guidato le scelte dell'intervento, con risultati di grande interesse e secondo un'affermazione fatto in altro contesto, ma ancora valida, vale la pena di “apprendere  da Barcellona ma non copiare”. Ogni situazione pretende da una parte analisi e riflessioni appropriate e dall'altra parte  l'individuazione  di specifici strumenti d'intervento.
L'analisi delle trasformazione del territorio regionale, a seguito della fine della dittatura franchista e l'iniziativa delle amministrazioni comunali che, riconquistata la democrazia, erano  impegnati a “fare” per rispondere alle esigenze dei cittadini, ha messo in luce tre fenomeni: la dispersione degli insediamenti, la specializzazione di singole aree, la segregazione sociale. Un'analisi che impegna il governo regionale a combattere questi tre aspetti negativi. Quello che emerge con forza, tuttavia, è la necessità di nuovi strumenti per governare il territorio che abbiano, principalmente: carattere integrato, promuovano la cooperazione tra le diverse amministrazioni, generino la partecipazione dei cittadini e siano sottoposti ad attenta valutazione dei risultati.
Dopo avere analizzato le cause generali della crisi degli strumenti di pianificazione, l’autore mette in luce, come il recupero dell'esperienza di pianificazione della regione catalana in epoca pre-franchismo, sebbene abbia costituito una guida alla formazione del piano regionale del primo governo democratico, debba essere giudicata un’esperienza  poco soddisfacente relativamente ai risultati e soprattutto molto lenta nella generazione di nuovi assetti richiesti sia dalle nuove condizioni economico-sociali sia dalle aspettative della popolazione  .
Proprio allo scopo di correggere questa situazione il governo regionale si è impegnato  ad elaborare in tempo breve dei piani territoriali di singoli parti della regione che potessero guidare lo sviluppo del territorio. A partire dal 2004, hanno nel quale questa decisione è stata presa,  inizia l'elaborazione di questi piani che in sei anni coprono tutto il territorio della regione (2006 Alt Pireneu i Arany; 2007 Terres de Lleida; 2008 Comarques Centrals; 2010 Camp de Tarragona, Metropolitano de Barcelona[2], Terresde l'Ebre e Comarques  Gironines).
Questi piani territoriali (parziali) si proponevano di correggere nei singoli territori le tendenze in atto relativamente alla dispersione, specializzazione e segregazione, adottando un criterio contrario alla prassi che vuole prima l'elaborazione del piano generale (di tutta la regione) e poi, che da questo discendono, l'elaborazione dei piani parziali. Ma proprio per evitare che la “parzialità” potesse prendere il sopravvento,  i piani parziali mentre cercavano di rispondere alle esigenze e ai problemi delle singole zone, dovevano seguire  criteri omogenei elaborati nei  Criterios de planeamiento territorial, che dettava indicazioni precise rispetto a: il sistema dello spazio aperto, il sistema del territorio costruito, il sistema della mobilità. Inoltre i piani parziali erano inquadrati in uno scenario socio-economico comune, che indicava l'evoluzione demografica, occupazionale ed economica di tutta la regione,  in modo che ogni piano parziale con questa dinamica si dovesse misurare. Infine  i piani territoriali dovevano risultare coerenti con la pianificazione settoriale (per esempio con quella relativa alle infrastrutture).
Appare di un certo interesse, anche, la procedura adottata per l’approvazione dei piani territoriali. Il processo di approvazione prevede: la predisposizione di un ante-progetto che contenga tutti gli elementi del piano; una consultazione pubblica della durata di 2-4 mesi, durante la quale i cittadini avanzano critiche, suggerimenti, ecc.; un elaborato successivo più appro0fndito e che prende in esame le osservazioni del pubblico; una nuova fase di informazione al pubblico; la definizione ultima del Piano che viene approvato provvisoriamente dal Consejero de Politica Territorial;  infine l’approvazione definitiva dal Governo regionale. Una elaborazione che rende non casuale, né volontaria la partecipazione del pubblico, ma, piuttosto, formale e sostanziale, e che mette a confronto e a lavorare insieme l’amministrazione centrale con quelle locali. Il piano diventa poi la guida per la revisione della pianificazione dei singoli municipi.
Un capitolo del libro è dedicato al Piano Metropolitano di Barcellona del quale ci siamo già occupati su questa stessa rivista (ved. nn. 97-98) piace tuttavia riportare le conclusioni dell'autore, per il quale il piano costituisce una singolarità: prima di tutto per lo sforzo di cooperazione inter-amministrativa  tra l'amministrazione autonoma e i governi locali; secondo ha esaltato la capacità di coinvolgimento dell'opinione pubblica; infine che si tratta non già di un “piano indicativo” ma piuttosto di uno strumento normativo e di carattere prescrittivo e vincolante.
L'effetto del Piano metropolitano, cioè la sua effettiva incidenza sull'area e la sua applicazione dipenderà sicuramente dagli orientamenti politici e sociali dei governi che si succederanno in futuro, sia a livello statale che regionale e locale. Tuttavia, sottolinea l'autore, cè un terzo fattore determinante: l'accettazione della proposta da parte della popolazione; se la collettività non difende la città sarà vana ogni tentativo di organizzarla.
Il Piano direttorio urbanistico è lo strumento intermedio tra il piano territoriale e quello municipale, quello che in italia siamo soliti chiamare il “piano di area vasta” ma di cui non esiste né una elaborazione teorica completa né una applicazione normativa (se non in forma derivata). Tra il piano territoriale, che mediamente copre un territorio di circa 4.500 km2, e il piano municipale, mediamente di circa 30 km2, la normativa catalana prevede appunto il piano direttorio urbanistico, che ha proprio lo scopo sia di tenere conto delle prescrizione del piano territoriale, ma soprattutto di trovare soluzioni adeguate non nel microcosmo municipale, ma tenendo conto delle realtà integrate del territorio, e soprattutto come coordinamento dei piani municipali rispetto alle infrastrutture, alla protezione del suolo non urbanizzato (che deve tenere conto di una logica di ampio spazio), la politica dell'urbanizzazione del suolo e la costruzione delle abitazioni e l'individuazione delle aree residenziali strategiche per lo sviluppo futuro che devono avere carattere integrato. Tra il 2004 e il 2010 si è dato impulso alla predisposizioni di 39 piani direttori, di cui 27 già approvati definitivamente, 2 approvati provvisoriamente e il resto in elaborazione. Uno sforzo enorme in sette anni.
Oriol Nel.lo, e non si puo non essere d’accordo con lui,  ritiene la pianificazione di area vasta la nuova frontiera della pianificazione che tenga conto sia di risultati efficienti, sia della nuova integrazione dei territori (quella che abbiamo chiamata la metropolizzazione del territorio). In quest'ambito lo studio di dettaglio dell'esperienza catalana può essere di grande utilità.
All'analisi di uno di questi piani, il Piano direttorio del sistema costiero, l'autore dedica un'attenzione particolare, anche perché la costa spagnola, come è noto, ha subito a partire dagli anni '60 del secolo precedente delle trasformazioni di grande portata e, anche, di grande violenza.
Se questa trasformazione, soprattutto di natura turistica, ha portata dei benefici economici, non ci può nascondere che essa ha danneggiato il carattere  ambientale e paesaggistico della costa,  tanto da rischiarne la svalutazione anche economica. Proprio una gestione molto frammentata dello sviluppo dell'urbanizzazione, affidata ai singoli comuni, e principalmente all’origine dell’esisti negativi del processo di trasformazione e mette in evidenza la necessità di una piano dell'area costiera di carattere sovracomunale. 
Il Piano direttorio del sistema costiero  può essere considerato un elemento esemplare del rinnovo della pianificazione sia per l’importanza dell’oggetto, sia per le procedure adottate e sia per gli obiettivi. Questi ultimi sono molto chiari: proteggere il litorale catalano non ancora urbanizzato, evitando che sulla costa si possano sviluppare insediamenti di qualsiasi tipo, per salvaguardare un patrimonio di grande valore non solo paesaggistico e naturalistico ma anche economico, il cui degrado penalizza sia i cittadini che la stessa economia. Se urbanizzare la costa, infatti,  è sembrato una grande risultato e vantaggio economico, nel medio-lungo periodo ha finito per sottrarre alla risorsa su cui si basa lo stesso turismo appetibilità. Una risorsa fondamentale per la vita e la storia della Catalogna e con una grande valenza economica ambientale e paesaggistica è meritevole di attenzione, cura e salvaguardia a beneficio dei cittadini e degli stessi turisti. Il piano ha dovuto fare i conti con le zone che la pianificazione locale  aveva già definito come urbanizzabili; la scelta del piano è stata, in prima istanza, di non aprire dei contenziosi sia con le amministrazioni che con i privati, e procedere a salvaguardare quello che ancora era fuori sia dal processo attivo di urbanizzazione che pianificato in questa direzione. In sostanza circa 20.000 H sono occupati dalle città, dalle zone urbanizzate e da quelle che sono state pianificate come da urbanizzare mentre circa 26.000 H sono quelli sottoposti a vincoli di salvaguardia. Per la gestione di queste aree non più urbanizzabile, che costituisce una ricchezza per la regione e per le singole comunità, sono necessarie una serie di attività di salvaguardia attiva (rifacimento dei terramenti, ricostruzione del manto vegetale, viabilità pedonale, ecc.) calcolato in 18,450 milioni di euro, per circa il 29% a carico della Generalità. Il fatto che il piano sia stato approvato con grande consenso e con bassa conflittualità è dipeso, secondo l'autore, dall'esistenza di un alto convincimento sociale sugli obiettivi e sui valori che il piano difendeva.
Ma non rimasta esclusa dall'attività legislativa del governo regionale,  la pianificazione municipale. Tenuto conto che una parte consistente dei municipi non disponeva di un piano, ritenuto fondamentali per garantire il più alto godimento dei diritti di cittadinanza, la nuova legge urbanistica rendeva obbligatoria la pianificazione per tutti i comuni mentre per gli inadempienti sarebbe intervenuto in forma sostitutiva il governo regionale. La nuova legge, inoltre,  tenuto conto che la grande produzione di abitazioni non aveva garantito l'accesso alla casa dei segmenti deboli della popolazione (cosa che è avvenuto, come è noto, anche in Italia), stabiliva che una quota compresa tra il 20 e il 30%  delle nuove costruzioni previste dai piani dovevano essere destinate a abitazioni sociali.
Anche se la Catalogna è stata la prima assemblea legislativa europea ad adottare la Convenzione sul Paesaggio approvata a Firenze, la sua traduzione operativa non è stato facile. Una proposta di legge sul paesaggio non poté essere approvata, solo la modifica della maggioranza parlamentare permise l'approvazione nel 2005 di tale legge.
L'introduzione dell'attenzione per il paesaggio nella pianificazione impose, affinchè la questione non risultasse astratta,  la formazione del “inventario” dei valori paesaggistici presenti nelle diverse aree, analisi che ha dato luogo alla formazione del catalogo  che a partire dai valori e dall'individuazione delle attività che incidono sul paesaggio, ha reso possibile la definizione di obiettivi paesaggistici e le azioni necessaria a conseguire questi obiettivi. Il catalogo, inteso come le attività connesse alla sua realizzazione, ha costituito lo strumento fondamentale sia per la diagnosi dello stato del paesaggio sia delle proposte per la sua salvaguardia e valorizzazione.
La Ley de barrios costituisce una delle iniziative più note di questa amministrazione e della gestione di Otiol Nel.lo. Si tratta dell'impegno della Generalità di cofinanziare dei progetti proposti dalle amministrazioni locali di miglioramento di situazione urbanistiche: spazio pubblico e verde, servizi collettivi, accessibilità, dotazioni tecnologiche, abitazioni. Un complesso processo di selezione anno per anno identificava i progetti suscettibili di finanziamento (con un contributo del governo regionale di 100 milioni per anno). In totale nei sette bandi promulgati (dal 2004 al 2007), sono stati coinvolti 141 barrios, con una popolazione di poco superiore al milione, con un investimento totale di 1.330 millioni di € e un contributo regionale di 693 milioni (il resto a carico dei singoli comuni).  
La legge ha funzionato egregiamente e ha permesso di affrontare situazioni sociali-urbanistici-edilizi bisognosi di interventi con risultati complessivi molto positivi sia sul piano sociale che su quello della vivibilità urbana. Inoltre il controllo nella realizzazione ha permesso il raggiungimento di una notevole efficienza di realizzazione.
La trattazione del testo si conclude con l’esposizione dell'iniziativa per migliorare la situazione dell'urbanizzazione diffusa. Anche in Spagna si manifesta fortemente il fenomeno dell'urbanizzazione diffusa, che ha origine nell'epoca franchista, e che porta a situazione di insediamento molto povere di servizi, disordinati dal punto urbanistico e cariche di conseguenze sull'ambiente e il paesaggio. La linea seguita è quella definita “possibilista”, fondata su: consolidare e dotare di servizi le aree la cui urbanizzazione appare irreversibile; ridurre l'ambito di future realizzazione anche se previste.
Ho voluto dare conto completo del contenuto del volume perché esso rappresenta non un “testo” ma l'esposizione di una esperienza di governo molto importante. È, infatti,  l'insieme di queste iniziative che deve essere conosciuta e valutata nella sua complessità e complemetarieta, fatta: di provvedimenti legislativi, di coinvolgimento delle amministrazioni e delle popolazione, della costruzione di un patrimonio di informazioni indispensabili (per esempio per quanto attiene al paesaggio), di investimenti pubblici di non modesta dimensione, di selezione di progetti.
Ma quello che merita ancora di essere sottolineato (si capisce dal testo, ma era palpabile per chiunque anche brevemente poteva frequentare gli uffici del Segretariato) è l’impegno  di tutto lo staff al quale Oriol Nelo.lo ha trasmesso l'entusiasmo per la realizzazione di un progetto politico e territoriale fortemente innovativo e ricco di risultati. Sarebbe un peccato (mortale direbbero i cattolici) se la nuova amministrazione, proprio per segnare il “cambiamento” buttasse alle ortiche questa importantissima esperienza.




[1]    Oriol Nel.lo è stato membro del Parlamento catalano, e portavoce aggiunto del gruppo parlamentare Socialistes-Ciutadans pel Canvi, dal 1999-2003; Segretario della Planificatiòn Territoriale del Gobierno della Generalitat dal 2003 al 2011.
[2]    Si osservi che il piano metropolitano di Barcellona giunge a conclusione dopo 50 anni da quando se ne cominciano a eleborare i primi elaborati

venerdì 28 settembre 2012

Diario 190



Diario 190
17 - 23 settembre 2012

  • Marchionne: l'imbroglio Fiat continua
  • W o abbasso il regionalismo?
  • Alesina-Giavazzi: riflettono quando scrivono?
  • Citazioni: nel bene e nel male (Curzio Maltese, Sergio Marchionne, Guido Rossi)


Marchionne: l'imbroglio Fiat continua
Che si sono detti la delegazione della Fiat e quella del governo in tante ore? Una parte del tempo, sono sicuro, è stato impiegato in una discussione di “filosofica economica”. Marchionne ha ricordato al professor Monti che il proprio comportamento e quello della Fiat è stato disegnato sulle affermazioni del capo del governo che, sempre a proposito della Fiat, ad un importante convegno ebbe a dire “la Fiat è un grande gruppo internazionale e sceglie di localizzarsi secondo proprie convenienze”. A questo punto Monti, molto imbarazzato (forse) bofonchia qualcosa sul ruolo sociale dell'impresa.
Ancora l'amministratore delegato della Fiat ha spiegato al ministro Passera, che investe in Brasile perché in quel paese lo Stato si fa in otto per aiutare la Fiat, secondo una filosofia “liberista” che è stata sempre tipica della società Torinese: il governo deve fare quello che va bene alla Fiat.
Lo stile poi è … tutto. La trasmissione del canale Sette, in Onda, ieri sera ha mostrato uno spezzone di ripresa televisivo, nel cortile di palazzo Chigi,  quando Marchionne e il giovane presidente  Fiat sono andati a presentare,  credo la nuova 500, al capo del governo (Monti), nel quale si vede con quanto poco garbo e molta arroganza Marchionne sposta Monti da davanti alla  macchina perché copriva il marchio Fiat. Una scena veramente imbarazzante.
Lo stile poi è … tutto. È dignitoso che l'amministratore delegato della più grande società italiana abbia il suo domicilio fiscale in Svizzera?
Lo stile poi è … tutto. Come classificare l'affermazione di Marchionne che rivolto a Monti disse: “di te mi fido, ma dopo?”.
Ma veniamo al succo del risultato dell'incontro, da quello che è possibile capire:
a) il progetto Fabbrica Italia, 20 miliardi di investimento, nuovi modelli, ecc. è morto e sepolto. C'era chi aveva detto e capito che era un imbroglio, ma spesso si cerca di credere come per realizzare una speranza. Ma di speranza si muore.
b) la congiuntura di mercato va malissimo e si cercherà di resistere producendo per il mercato estero, ma il governo dovrà aiutare ad esportare e, ma questo non traspare ma è nella logica, deve garantire la cassa integrazione straordinari, per decina di migliaia di lavoratori;
c) la Fiat si impegna, un po' troppo, piuttosto pensa di fare investimenti in Italia quando la situazione economica migliorerà, non prima del 2014;
d) si è costituito un gruppo di lavoro al ministero dello sviluppo formato dai tecnici Fiat e ministeriali.
Ci vuole molto a capire che per Fiat Italia, per gli operai e tecnici del gruppo e dell'indotto, per le sorti dell'economia italiana questa riunione è stata inutile? O meglio un teatrino di molte ore per dare a credere che si è discusso seriamente? I sindacati, oltre la Fiom, capiranno? Il centro sinistra avrà qualche reazione?
Questo governo non è il “salvatore della patria”, ma quello che la sta affossando. Altro che agenda Monti.
Ma sono anche spudorati:
a) è vero e noto, una tecnica accreditata,  quando non si vuole o non si sa prendere una decisione si fa un “comitato”. Cosa dovrà mai studiare il gruppo di lavoro costituito presso il ministero dello sviluppo?
b) banalmente: gli investimenti si fanno per uscire dalla crisi, altrimenti come si fa ad uscire dalla depressione?
c) se gli investimenti si realizzano quando l'economia riparte essi arrivano tardi, non riescono a cogliere l'onda che sale. La realizzazione di investimenti vuole tempo, soprattutto se sono ... innovativi.
Almeno queste cose i tecnici al governo dovrebbero saperle, allora? Stanno al gioco della Fiat, questa è la triste conclusione, sulla pelle del paese,  degli operai e dei tecnici.
 
W o abbasso il regionalismo?
Si non è corretto, non bisogna cadere nel pessimismo, vale la pena di pensare che le cose possano cambiare.
Ma se si discute di abolire le Provincie come istituzioni di spreco ”oggettivo”, non varrebbe la pena di abolire le Regioni come istituzioni di spreco soggettivo e di male affare?
Viene spontaneo pensarlo leggendo di quello che è avvenuto nella regione Lazio, di quello che da sempre è emerso in Sicilia, e poi la Lombardia, e adesso la Campania e la Calabria.
La Polverini, i cui consiglieri del suo gruppo gozzovigliano travestiti da maiale, greci, ecc., ha deciso di “resistere” non si dimette. C'era da dirlo. Spero che i consigliere del Pd e pare anche quelli dell'Udc, a sentire qualche loro dirigente, vogliano dimettersi per costringere a nuove elezioni. Speriamo che non si tratti di una boutade, ma di una seria determinazione.
Ma forse il regionalismo andrà  ripensato?

Alesina-Giavazzi: riflettono quando scrivono?
Alesina e Giavazzi sono accreditati di sapienza, conoscenza, cultura e, soprattutto, voglia di cambiare il mondo, ma leggendoli si ha l'impressione che manchi loro la capacità di riflettere.
L'editoriale di domenica sul Corriere rappresenta un caso esemplare di questa loro incapacità. Non vorrei essere frainteso, non riflettono perché non possono riflettere condizionati come sono da una componente ideologica, tanto banale ormai, quanto distruttiva del vivere sociale.
Partono dall'ovvia considerazione che la struttura della popolazione è cambiata, viviamo di più (loro sembrano sottintendere: troppo). Questo fatto impone una revisione del nostro sistema di Stato sociale. Questione reale e complessa: bisogna cambiare ma garantendo universalità, omogeneità e qualità ai servizi. È noto che la questione è complessa. Ma ai due di questa complessità non spaventa, hanno la ricetta pronta: “che senso ha tassare metà del reddito delle fasce più alte per poi restituire loro servizi gratuiti? Meglio che li pagano e contemporaneamente che le loro aliquote vengano ridotte”. E mai possibile che la soluzione è sempre la stessa la correzione di ogni elemento che corregga le distorsione imposte dal sistema economico sociale? Che bello: lo Stato sociale per i poveri, ma allora non si potrà neanche più chiamare Stato sociale, e i ricchi nelle belle cliniche private.
Ma non è finita, ancora un esempio della loro proposta: che gli studenti universitari paghino  interamente il costo dell'Università e dare ai meno abbienti borse di studio. Hanno riflettuto i due che nel loro sistema i meno abbienti che arriveranno all'Università saranno pochissimi falcidiati prima dalla discriminazione introdotta dall'assenza di uno stato sociale efficace ed efficiente.
Ma i due riflettono che lo Stato sociale, universalistico, omogeneo e di qualità costituisce una forma di costruzione di una convivenza democratica? Hanno riflettuto che l'accumulazione della ricchezza senza una progressività impositiva guasta e degrada la società? No evidentemente no, non possono, si tratta di concetti per oro incomprensibili.  


Citazioni: nel bene e nel male

Curzio Maltese, Il Venerdì di Repubblica, 21 settembre 2012
“Marchionne guarda all'America di Obama che gli ha regalata la Chrysler e aspettava soltanto l'occasione per tagliare gli ultimi rami in patria. L'occasione è adesso, con un governo di ottimali bocconiani, per i quali gli operai non esistono, e la politica assente. Anzi, molto peggio. Una politica cancellata dal trionfo del delirio narcisistico di venti leader, vecchi e nuovi guru, tanto più autorevoli quanto più mediocri. E non uno che metta in campo uno straccio di soluzioni per le fabbriche che chiudono, un'idea di politica industriale per far crescere un paese precipoitato nella peggiore recessione d'Europa dopo la Grecia”
 
Sergio Marchionne, Corriere della Sera, 22 settembre 2012
“In particolare per lo stabilimento nello Stato di Pernambuco, in corso di costruzione,la Fiat riceverà finanziamento sino a 85% su un investimento complessivo di 2,3 miliardi di euro. A questi si aggiungeranno benefici di natura fiscale, quando sarà avviata la produzione di automobili, per un periodo minimo di 5 anni”. (l'idea di politica industriale di Marchionne è questa: finanziamenti, benefici fiscali. In questo modo tutti sono bravi a fare gli imprenditori. O no?)

Guido Rossi, Il Sole 24 Ore, 23 settembre 2012
“Alle attuali condizioni la politica conta sempre meno per l'amministrazione dello Stato e per il benessere della popolazione, sia perché eterodiretta dai poteri globali della finanza, sia perché profondamente corrotta e ben lungi dal volere attuare le speranze che si pensava essere proprie della democrazia, cioè il conseguimento di una maggiore uguaglianza di condizioni dei cittadini, che rimane solo all'orizzonte, in prospettive escatologiche di nessuna attualità. … E' un dovere delle attuali élite politiche italiane, se non vogliono che il populismo o il disprezzo della politica diventino l'unico stato d'animo popolare, preparare urgentemente programmi che finalmente abbiano al centro la giustizia sociale, che significa poi anche la vera lotta alla corruzione, e la difesa dei diritti umani storicamente maturati e ben individuati dalla nostra Costituzione”. 

Diario 189



Diario 189
10 – 16 settembre 2012


  • Monti e il lavoro
  • L'angelo custode
  • Il fondo salva Stati (Esm) 
  • La Fiat, gli Agnelli, il governo e il … paese
  • Chi boicotta la legge elettorale?
  • Citazioni: nel bene e nel male (Chiara Saraceno, Gian Arturo Ferrari, Mario Monti, Nichi  
            Vendola, Paolo Gentiloni, Rosy Bindi, Stefano Ceccanti, Laura Puppato, Giulio Sapelli,
            Luciano Gallino)   

Monti e il lavoro
Certo il prof Monti ha prodotto lavori scientifici solo su banche e finanza, niente sul lavoro, ma questo non giustifica quello che ha detto a proposito dello Statuto dei Lavoratori: avrebbe  determinato ostacoli alla creazione di posti di lavoro. È noto il suo liberismo quindi la sua pretesa è quella di un mercato del lavoro nel quale il singolo lavoratore “se la vede” con il singolo datore di lavoro. Non è casuale che abbia dichiarato che certe disposizioni dello Statuto “ispirare all'intento molto nobile di proteggere la parte più debole, ritenuta essere quella del lavoratore”, dove si può cogliere un tratto di ironia nel “molto nobile” e un dubbio “ritenuta essere”, indica chiaramente che non sopporta una qualche tutela che considera come negazione della “concorrenza”.
La coppia Monti-Fornero prediligono una società prima dell'avvento del sindacato, con un orario di lavoro illimitato, con salari da fame, con lavoro infantile, ecc. questo si che darebbe, secondo loro, sviluppo. Né si lasciano scoraggiare dalla storia: l'approvazione dello Statuto ha conciso con periodi di sviluppo e di crescita dell'occupazione. O, a prova contraria, l'annichilimento dei diritti dei lavoratori e la cacciata del maggior sindacato alla Fiat non ha portato sviluppo in quella azienda
Del resto non era obiettivo dello Statuto creare posti di lavoro, ma piuttosto di garantire dignità e diritti ai lavoratori.
Monti considera l'esistenza del sindacato un'aberrazione del sistema di “libero mercato”, non è un caso che in tutte le occasioni cerca di dividere, e per questa strada indebolire, il sindacato. Ora ci sta provando con il “patto per la produttività”. Quando la Cisl capirà che non è questione di sindacato buono e di sindacato cattivo, ma solo di sindacato?
La così detta “agenda Monti” contiene anche questo disegno.

L'angelo custode
“Non sarò mai un tecnico d'area”, dichiara il prof Monti, e con questo chiarisce le sue ambizioni: non potrà far parte, come ministro, di un governo “politico”, la sua ambizione è sempre palazzo Chigi o magari quello più su, anche perché si è assunto il ruolo dell'angelo custode: deve evitare che vengano messe in discussioni le riforme del suo governo, perché esiste il pericolo che “nella politica italiana possa tornare tutto come prima”.
Giulio Sapelli, in un piccolo libro che consiglio (L'inverno di Monti, Guerrini ed Associati), perché pieno di spunti interessanti, paragona la “nomina” di Monti da parte di Napolitano alla figura del dictator della Roma repubblicana, che veniva nominato in un periodo di grave necessità per la Repubblica, aveva un enorme potere ma la “durata massima di sei mesi”. “La figura del dictator nasce essenzialmente come strumento messo a disposizione dei ceti oligarchici per preservare il potere contro le pretese della plebe”.
Il gruppo dirigente del PD farebbe bene a leggere questo libretto, 70 pagine, poca fatica ma, forse, buoni frutti.
Il paese non ha bisogno né di angeli custodi nè di dictator, mettiamo mano alla democrazie politica che ci siamo conquistati con sacrifici e lotte. Grazie prof Monti, torni alla sua Bocconi.

Il fondo salva Stati (Esm) 
In Europa tutti a brindare per la dichiarazione di legittimità della Corte costituzionale tedesca relativamente al Fondo salva Stati. In Italia la contentezza coinvolge tutti, governo, partiti, maggioranza, opposizione, ecc.
Qualche problema relativamente ai vincoli: per un centesimo in più ai 190 miliardi ci vorrà il consenso dei due rami del parlamento tedesco (mi pare una rivendicazione di sovranità giusta che
in Italia ci sogniamo), cosi come il parlamento tedesco deve essere informato di ogni negoziato tra l'Esm e gli stati che chiedono aiuti (vedi sopra).
Ma vediamo in concreto. Il Fondo salva Stati e alimentato dagli apporti dei diversi paesi della Comunità europea, giusto, non poteva essere diversamente. L'Italia deve contribuire con 125,4 miliardi, meno della Germania (190) e della Francia (142,7), ma più della Spagna (83,3) e di tutti gli altri. Di questi 125,4 miliardi 14,3 miliardi dobbiamo versarli entro dicembre 2014, ma la UE potrebbe richiedere di anticipare questo versamento. Ma c'è di più dal dicembre 2014 il fondo, secondo necessità, potrà richiedere altri versamenti. Il Fondo metterà sue obbligazioni garantite dai fondi e da quello che ha “comprato” per aiutare gli Stati (titoli di stato, ecc.). Obbligazioni che data la loro natura saranno appetibili? Se ne può dubitare.
Se le disponibilità del fondo fossero insufficienti per le richieste, ipotizziamo, di Portogallo e Spagna, tutti i  paesi, pro quota, dovrebbero versare le quote. E se a fondo esaurito l'Italia dovesse chiedere aiuto, per ottenerlo dovrebbe versare la sua quota residua o anche di più. Logico ma paradossale: l’aiuto ce lo paghiamo (anche se in parte). Tanto paradossale che sicuramente non sarà certo questo lo strumento che ci farà uscire dalla crisi finanziaria. Ma credo che questo tutti lo sappiano e facciano fumo per confondere gli speculatori, immaginati come idioti.

La Fiat, gli Agnelli, il governo e il … paese
Il “Grande” Marchionne ha seppellito Fabbrica Italia, in realtà un progetto che non è partito e messo in campo per ingannare i sindacati che lo desiderassero, il governo e il paese.
Ora c'è lo scandalo, Diego della Valle tuona contro l'amministratore delegato della Fiat e gli Agnelli, rompendo con questa dichiarazione l'amicizia con Montezemolo (la famiglia è famiglia). Ma quello che impressiona è stata la dichiarazione di Romiti ex ad della Fiat “L'azienda che interrompe la progettazione è destinata a morire. Il principale colpevole è il sindacato, Fiom esclusa”, detto da uno che non ha mai amato il sindacato fa impressione.
Ma lo scandalo principale è il governo, già alcuni mesi fa il professor Monti ha dichiarato che il Governo non poteva entrare nelle scelte strategiche di una grande società, ma ora pensa di dover intervenire? O il mercato ha sempre ragione?

Chi boicotta la legge elettorale?
Chi boicotta il cambiamento della legge elettorale? Ma tutti. Se durante tutta la legislatura non c'è stato tempo e voglia di fare la riforma elettorale è pensabile lo si faccio ora? L'ultimo suggerimento (Michele Ainis, Corriere della sera 14/9) è che la faccia Monti per decreto ripristinando il Mattarellum. Una soluzione che certo non dispiacerebbe a Monti perché propiziatrice di una sua permanenza a palazzo Chigi.

Citazioni: nel bene e nel male

Chiara Saraceno, La Repubblica, 11 settembre 2012
“Un ministro dello Sviluppo che, quando faceva il banchiere, ha contribuito a salvare l’Alitalia (a spese del contribuente) non può limitarsi a dire agli arrabbiatissimi lavoratori dell’Alcoa che non c’è niente da fare. … E speriamo che il ministro del Lavoro non riprenda il refrain che le è caro “il lavoro non è un diritto: bisogna meritarselo, anche con il sacrificio”. … Di fronte alla crescita inarrestabile della disoccupazione, cui si unisce quella dell’inattività per scoraggiamento e disperazione, nessuno, tanto meno chi governa, può permettersi di dire alternativamente che non c’è nulla da fare e che se non si ha lavoro e perché non lo si merita abbastanza”

Gian Arturo Ferrari, Corriere della Sera, 11 settembre 2012
“Ora, arrampicandosi un po’ su questo troco e mettendo la testa fuori dal fogliame si vede, nudo e crudo,il nodo fondamentale e insieme il bandolo della matassa. E cioè che istruzione e formazione non sono mai stati e continuano a non essere la priorità della politica nazionale”.


Mario Monti, Corriere della Sera, 11 settembre 2012
“L’Italia tornerà a crescere nel 2013. Questa è la mia attesa” (dal Presidente del Consiglio forse ci si potrebbe aspettare qualcosa in più dell’  “attesa”).

Nichi Vendola, La Repubblica, 12 settembre 2012
“Perchè contraddizioni? Penso che il centrosinistra si candidi alle elezioni contro la società della paura per la società della speranza, della dignità e civiltà del lavoro” (a proposito della firma alla proposta di referendum per l'abolizione  dei cambiamenti all'art. 18)

Paolo Gentiloni, La Repubblica, 12 settembre 2012
“Allearsi con Vendola che firma i referendum non vuol dire andare oltre l'agenda Monti, come ripete Bersani. Vuol dire tornare indietro, lasciare campo aperto ad altri partiti nell'elettorato moderato” (l'assillo dei moderati, da conquistare, dovrebbe rinsecchire il centrosinistra con una forte cura dimagrante di progressismo? Grazie no)

Rosy Bindi, La Repubblica, 12 settembre 2012
Penso che fare un referendum sull'artico 18 sia un grave errore. Io non lo firmerò” (Il tramonto di un leader politico per confermare l'agenda Monti al di là dei suoi contenuti. Un vero peccato.)

Stefano Ceccanti, La Repubblica, 12 settembre 2012
“Vista la compagnia, non escludo che nel gruppo dei promotori ci fosse qualche infiltrato delle Br o delle Farc” (i promotori del referendum per abolire i cambiamenti all'art.18. Va bene avere l'ansia di finire “coppa o giurnale”, ma Ceccanti è un irresponsabile e un incredibile, ma forse ha solo la parola più rapida del pensiero)

Laura Puppato, La Repubblica, 13 settembre 2012
“Un'altra idea del mondo, che altro? Questo è alla fine. Non c'è salute, non c'è lavoro, non ci sono diritti. Impera la corruzione, la convenienza privata, l'interesse. Un partito deve indicare un'altra rotta. Dire qual è il suo obiettivo, nominarlo anche a costo di scontentare qualcuno. Bisogna avere coraggio e andare altrove anche quando tutti dicono: impossibile” (Candidata alle primarie del PD mi pare una novità, non una ripetizione).

Giulio Sapelli, da L'inverno di Monti. Il bisogno della politica, Guerrini e Associati, 2012
“Di qui la scelta di Napolitano che non poteva che cadere sul professor Monti, allorché egli decise di perseguire una via non linearmente politica, ma innovativa. Sulla quintessenza della centralità politica necessaria tra due poli parlamentari quasi paritari numericamente e l'uno contro l'altro opposti da una sorta di guerra civile ideologica si giocava la partita. Ebbene: il professor Monti è la quintessenza della morte dell'ideologia. È il superamento della medesima nel mondo iper-uranico della foresta pietrificata delle idee, ma nel contempo l'esponente del blocco poliarchico italico organicamente europeo: grandi banche, grandi scuole internazionali di business, grandi società di consulenza, grandi cattedrali del pensiero semplice che, se non riescono a governare i sistemi complessi, sono capaci in sommo grado, tuttavia, d'esaltarne le progressive sorti e di trarne ogni utile possibile.” 

Luciano Gallino, La Repubblica, 15 settembre 2012
“Sentite le dichiarazioni di Marchionne, Passera ha detto che vuole “capirne le implicazioni” Dunque, per lui, un dirigente che ha promesso 20 miliardi di investimento, ne ha effettuato uno, e poi dichiara che degli altri 19 non se ne fa parla proprio, è stato poco chiaro”.

domenica 9 settembre 2012

Diario 188



Diario 188
3 – 9 settembre 2012


-          La Bce compra titoli
-          Sposare il medico
-          La moltiplicazione
-          Accanimento
-          All’improvviso: nel XXII secolo     
-          Citazioni: nel bene e nel male (Franco Cordero, Giulio Tremonti, Vittorio Gregotti, Elena Lattuada, Sergio Cesaratto, Michael J. Sandel, Vito Mancuso, Susanna Camusso)

La Bce compra titoli
Mario Draghi l’ha spuntata: la Bce può comprare illimitatamente titoli sovrani degli Stati in difficoltà che ne fanno richiesta.
Non è certo una cattiva notizia, ma come nei film di categoria B al protagonista viene comunicato che ci sono due novità, una buona e una cattiva. La buona è presto detto “acquisto illimitato di titoli”. La cattiva è più complessa: acquisto di titoli a breve (fino a tre anni); perché questa limitazione? Gli Stati devono richiedere l’intervento, sembra il rispetto dell’autonomia dei singoli Stati, ma non è così, gli stati devono richiederlo perché collegati all’intervento ci sono le “condizioni” e il controllo della troika (Bce, Fondo Internazionale, UE).
Ma pur non considerando la parte cattiva, questo provvedimento sconfiggerà la speculazione finanziaria? Rilancerà l’economia reale? C’è da dubitarne. Sul rilancio dell’economia reale è sicuro che l’intervento e il controllo della troika imporrà condizione punitive. Per quanto riguarderà la speculazione, non è un buon viatico la divisione dei titoli tra quelli sottoposti a possibili interventi e quelli esclusi; inoltre la speculazione finanziaria non è un “accidente”, costituisce un elemento fondativo dell’attuale fase del capitalismo, o si modifica questo dato fondativo o saprà trovare nuove vie e nuovi strumenti, oltre al fatto che l’acquisto dei titoli della Bce è un modo di “pagare”. Ormai il gioco di fare denaro con il denaro (spesso altrui) è entrato nel Dna del sistema, ci vuole un’operazione di modifica dei geni.  

Sposare il medico
Sembra crescente la pressione nazionale e internazionale per un secondo mandato al professor Monti (non facciamo conto che alcune di queste pressioni tendono a ridurre la concorrenza per la presidenza della repubblica). L’interessato non sembrerebbe contrario, le dichiarazioni non sono un NO chiaro ed inequivocabile, ma una affermazione di essere concentrato sugli impegni assunti. Sul futuro il bocconiano non fa previsioni.
Tutti, tutti, alla riunione annuale di Cernobbio organizzata dallo studio Ambrosetti, hanno spinto Monti a dar seguito al suo governo. Sarà un caso che i maggiorenti di Cernobbio sono tutti per Monti, mentre i precari, i disoccupati, i minatori della Sardegna, i lavoratori dell’Alco, gli insegnati in attesa di sistemazione, ecc., sono tutti contro il governo.
Adesso, fuori dalle righe, Napolitano nel suo messaggio a Cernobbio, ci ha messo un pezzo da novanta: “Mi adopererò perché venga esplicitamente e largamente condiviso l’impegno a dar seguito e sviluppo a scelte di fondo concertate in senso europeo”. Esplicitamente e largamente sembra un avvertimento alle forze politiche che in questa fase cominciano ad elaborare piattaforme elettorali. Un dichiarazione questa che si oppone ai “giovani turchi” del PD che insieme ad una forte dichiarazione di appoggio a Bersani indicano un dopo Monti diverso.
Mi pare di aver letto che Monti sia stato chiamato al capezzale dell’Italia per evitare che la malattia seppellisse questo paese. Se fosse vero questo compito, e se fossero veritiere le affermazioni dello stesso presidente del Consiglio che si vede la luce alla fine del tunnel, non si capisce perché dover continuare ad essere sottoposti alle cure di questo medico.
E come la malata guarita, giovane o meno, bela o meno, non importa, che volesse sposare il medico chiamato al suo capezzale.  Non si sposa il medico perché ti ha guarito, perché altrimenti finisci in soggezione.
Soggezione che si manifesta anche in chi aspirando a palazzo Chigi  vuole sempre il conforto del medico, e allora immagina un super ministero Tesoro/Esteri da affidare al professore. Veramente alle follie e al peggio non c’è mai fine.
Come ho scritto più volte non credo che la cura somministrata sia stata buona, ma anche se lo fosse stata, sarebbe tempo di tornare alla normalità.

La moltiplicazione
Le lezioni si avvicinano e crescono i posizionamenti. Ovviamente ciascuno punta ad essere la “maggioranza”, a unire quello che è diviso e non c‘è da fare fatica: il programma è subito fatto, senza consultazioni, senza impegno intellettuale, senza confronto con la realtà, si chiama “agenda Monti”.
Così Casini dopo avere sciolto il “suo” partito, come Cristo dice: alzati e cammina, e quello si alza e cammina sottraendo a Berlusconi il termine Italia. Sparisce nel simbolo dell’Udc il nome Casini che viene sostituito da Italia. Con questo simbolo fa il pieno dei consensi di ministri in carica, di possibili ministri futuri come la Marcegaglia, Fini, associazioni cattoliche, ecc. Le ambizioni di Casini sono altre, il suo defilarsi può fare guadagnare qualche secondo nello sprint per il Quirinale.
Il senatore Pisanu, che per fortuna non se la deve vedere con Renzi il rottamatore, riunisce i suoi e lancia l’alleanza liberal-democratica che dovrebbe riunire laici, cattolici, società ecc. Ma viaggia verso l’Udc.
Tremonti, silenti in questi mesi, sta preparando un Manifesto per una lista. Ancora non si sbilancia sulle alleanze, ma si presenta come progressista.
Luca di Montezemolo, no, non pare pronto ad un impegno in prima persona ma mette a disposizione la sua fondazione e i suoi amici, per chi? Molti se lo attribuiscano, ma di sicura c’è poco.

Accanimento
Francamente trovo l’accanimento contro Matteo Renzi esagerato ed inutile. A me non pare simpatico, ma ha quel tratto di arroganza che oggi piace, avrà un sacco di idee per il paese ma le tiene segrete.
Nel centro sinistra si fanno le primarie? lui corre? lasciatelo correre, ci sono altri candidati, come è giusto, altrimenti che primarie sono. Non sopporta i “vecchi”? pazienza, c’è a chi non piacciono i peperoni. Insulta? è in linea con la nostra epoca.
Se lo si insegue sul suo terreno gli si fa solo un piacere, è quello che desidera.
Gli altri candidati alle primarie hanno idee, bene le espongano, le chiariscano, ci permettano di confrontarli. Se però tutti partono dall’agenda Monti, allora noi non capiamo.
Nichi Vendola pare faccia un altro discorso, ha un altro programma. È tempo di precisarlo, definirlo, chiarirlo, con pacatezza, semplicità e comprensività.

All’improvviso: nel XXII secolo      
Con il prossimo anno, data l’agenda digitale, nell’estate del prossimo anno entreremo non già nel XXI secolo ma in quello successivo. Dal fanalino di coda, passeremo a guidare l’innovazione che nessun paese ha.
-          Tessera elettronica unica, l’esperienza passata della carta d’identità non ci rassicura;
-          I medici faranno le loro prescrizioni via elettronica; non solo i medici devono essere attrezzati a farle, ma anche le farmacie e gli ospedali a riceverle (otto mesi di tempo per questo? Ma!);
-          Certificato di nascita e di morte solo per via telematica (vedi sopra);
-          Oltre 50€ i pagamenti saranno fatti solo con carta di credito (speriamo sia vero)
E chi sa cosa altro, da oggi a luglio, il consiglio dei ministri deciderà.
Non bisogna essere pessimisti, pensare positivo, come si dice oggi, ma la storia, anche se non è maestra di vita, ci parla dell’esperienza. Ma di questo non sembra che i professori tengano conto. Stilano un crono-programma, come è diventato di moda, e il problema è risolto.
C’è della malizia nei professori? Non voglio crederlo, ma i possibili fallimenti, ritardi, ecc. dei crono-programmi ora elaborati rischiano di essere attribuiti all’inefficienza del prossimo governo (politico) e non alla imprevidenza dell’attuale governo (tecnico).    

Citazioni: nel bene e nel male    

Franco Cordero, La Repubblica, 5 settembre 2012
“Chiude il memento una notizia insistente: che tra i possibili senatori a vita (uno eligendus est) il favorito sia Gianni Letta: nella compagnia di Arcore è gentiluomo dal sorriso cardinalesco, consigliere intimo del Re Lanterna, ciambellano, plenipotenziario; figura d’ancien régime, sarebbe perfetto con parrucca, cipria, lorgnette. Dio sa quanti negozi gli passano sotto mano. Titoli ragguardevoli ma l’Italia dista un oceano dalle Antille, né al Quirinale siede l’Olonese (vi puntava e non sarebbe lui se, vistosi nello specchio morale, desistesse dalla corsa): l’articolo 59 Cost. richiede “altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”; sarà arduo dire, sfidando i sogghigni, in qual modo abbia “illustrato la Patria”. (ma ci sono o no i meriti di “servizio” per premiare un maggiordomo?)

Giulio Tremonti, Corriere della Sera, 5 settembre 2012
“Nel ’99 è stata cancellata la legge bancaria del ’36 che diceva: se sei banca e raccogli risparmio puoi usarlo solo per finanziare imprese, lavoratori, famiglie, comunità; non le scommesse del casinò finanziario. Oggi ho presentato una proposta in Parlamento per ripristinare questa legge”. (1999, Governo D’Alema, ministro del Tesoro Amato. Detto questo la domanda è: Tremonti per quanti anni è stato potente ministro del Tesoro, non avrebbe potuto ripristinare la legge del 36 invece di promuovere scudi fiscali, sanatorie, ecc.?)  

Vittorio Gregotti, Corriere della Sera, 6 settembre 2012
“L’ultimo capitolo di questo insieme di sciagure è rappresentato dalla proposta del grattacielo di Gardin, generosa nell’intenzione del promotore ma assurda sia nella sua soluzione architettonica, che nella totale assenza di una qualche logica di pianificazione di fronte ad un luogo tra i più complicati ed insieme decisivi dell’area metropolitana di Venezia. … per quanto riguarda poi la soluzione architettonica dell’edificio proposto il suo provincialismo formale  e tanto evidente che sembra si stia ricorrendo a qualche eco architetto protettore, oltre che a qualche robusto studio di ingegneria, nel tentativo di un qualche suo consolidamento tecnico-burocratico”

Elena Lattuada, CGIL, Il Manifesto, 6 settembre 2012
“Parlare di rilancio della produttività, senza interventi seri di politica industriale, non ha senso. E se si vuole nel breve periodo rianimare i consumi interni, occorre intervenire a favore dei redditi da lavoro e da pensioni e non con nuove politiche restrittive”. (La politica industriale è un’assente di lungo periodo; non solo, ma pare non sia necessaria, secondo il credo oggi prevalente è il mercato che la fa)  

Sergio Cesaratto, Il Manifesto, 8 settembre 2012
“La mossa di Draghi va interpretata come frutto della paura che l’incendio si portasse via il presupposto medesimo del discorso, cioè l’euro, e che dunque i popoli dei paesi periferici potessero dire basta a questa lenta agonia. Si tiene dunque in vita il paziente, ma solo quel tanto perché dosi rafforzate dell’altra cura, l’austerità, facciano effetto nell’annichilirne ogni volontà di reazione. C’è dunque un senso sinistro, e non progressista, … al messaggio di Draghi sull’irreversibilità dell’euro”.   

Michael J. Sandel (citato da Guido Rossi), Il Sole 24 Ore, 9 settembre 2012
“La democrazia non esige uguaglianza perfetta, ma richiede che i cittadini condividano una vita comune. Ciò che importa e che la gente di diverse background e posizioni sociali si incontrino e si confrontino l’un l’altro nella vita di tutti i giorni. È così che sopportiamo le reciproche differenze e arriviamo ad occuparci del bene comune” (il sottinteso è che la povertà o le differenze estreme non aiutano la democrazia)

Vito Mancuso, La Repubblica, 9 settembre 2012
“Con uno zelo tanto impareggiabile quanto prevedibile e cominciata nella Chiesa l’operazione anestesia verso il cardinale Carlo Maria Martini, lo stesso trattamento ricevuto da credenti scomodi come Mazzolari, Milani, Balducci, Turoldo, depotenziati della loro carica profetica e presentati oggi quasi come innocui chierichetti”

Susanna Camusso, L’Espresso 13 settembre 2012
“Penso che Monti faccia una politica di destra. In Europa predica di eurobond, qui si accanisce contro occupazione e lavoro. La sua visione è ridurre la presenza del pubblico, con l’idea che il mercato si autoregola, fa gli interessi della collettività ed è buono, mentre invece accelera le disuguaglianze”

domenica 2 settembre 2012

Diario 187



Diario 187
27 agosto – 2 settembre 2012


  • L’agenda Monti
  • La morte del Cardinale Martini
  • Rottamazione? Rosi Bindi Presidente
  • Il listino
  • Il ministro profumo, altro pasticcio
  • Selezionare gli invitati
  • Citazioni: nel bene e nel male (Ida Dominijanni, Silvio Berlusconi,Guido Rossi)


L’agenda Monti
La così detta “agenda Monti” è un discrimine tra le forze politiche e soprattutto all’interno del fronte riformista (mi sembrerebbe azzardato chiamarlo di sinistra). Ma quanti si sbracciano sventolando il vessillo montiano sembra non abbiano occhi e orecchie, in sostanza non vedono e non sentono quello che sta avvenendo nel paese.
Sintetizzo dai giornali di oggi sabato 1 settembre: disoccupazione giovanile al 35%; tasso di disoccupazione al 10%; inflazione in ascesa per adesso fino al 3,2%; per quanto riguarda l’andamento del PIL per il 2012 si va una valutazione ottimistica del governo – 1,2% a quella più pessimistica della banca d’Italia -2% e della confindustria -2,4%; per il 2013 le previsioni sono positive per il governo + 0,5% (la famosa luce nel tunnel) e negative dalla Banca d’Italia -0,2% e della Confindustria -0,3% ;  le previsione delle imprese che chiudono i battenti, grandi e piccole, non si contano, dalla Fiat all’Alcoa; la cassa integrazione in aumento; 150 vertenze aziendali tra le quali quella dei minatori sardi; lo spread sempre sopra i 400 punti (a questo livello, che un tempo faceva paura, ormai ci siamo abituati); ecc.
I sostenitori di Monti si fanno forti di una ipotesi favolistica: Monti ci ha salvato dal baratro, senza Monti chi sa dove saremmo. È certo senza Monti e con Berlusconi staremmo peggio, ma siamo sicuri che il salvataggio di Monti che con le lacrime agli occhi ed il cuore sanguinante ha lasciato cadere nel baratro giovani, disoccupati, famiglie, pensionati, e salvato banche e finanza era l’unica soluzione?
Non metto in dubbio che sai veritiera l’affermazione del professor Monti quanto dice “poche persone, desidero riconoscerlo in questo momento, hanno influenzato i miei orientamenti e le mie scelte come Carlo Maria Martini”, ma dubito che abbia compreso il messaggio del cardinale che contrasta con gli orientamenti liberisti del professore.
Per anni la sinistra, e non solo, ha polemizzato contro la politica dei due tempi: prima i sacrifici e poi la crescita, consapevoli che il secondo tempo avrebbe tardato tanto e lasciato sul selciato i suoi cadaveri sociali. Mentre ora questa tempistica pare accettata.
Data la prossima scadenza elettorale tutti premono perché il governo facci qualcosa per la crescita, presto fatto: il Consiglio dei ministri in seduta seminariale, il presidente che sollecita i suoi ministri, si fanno crono-programmi, si annunziano provvedimenti che poi si ritirano, la copertura che non si trova. Fumo, ma niente di concreto.
È sperabile che il fronte riformista sia in grado di elaborare una diversa agenda, dove al primo posto non ci siano banca e finanza ma i diritti dei cittadini, i loro bisogni, la promozione de lavoro non affidata al solo mercato, non già lo smantellamento dello stato di benessere ma il suo adeguamento alla tragica situazione di milioni di famiglie.
Il populismo contro la “casta” dei politici ha avuto questo rilevante risultato: i problemi veri delle persone sono passati in seconda linea rispetto al ridimensionamento (giusto) dei privilegi dei politici. Come se annullando tali privilegi si sarebbe manifestato il miracolo di mettere a posto tutti gli altri problemi.  

La morte del Cardinale Martini
È morto un grande uomo di chiesa, di una chiesa immaginata, non di ordine,  vicina agli uomini ai loro bisogni e necessità alle loro scelte. Per le sue scelte costituisce una perdita per la nostra società non tanto per la chiesa, che delle sue riflessioni non teneva conto tanto da fargli affermare “La chiesa è rimasta indietro di 200 anni: Come mai non si scuote? Abbiamo paura? Paura invece di coraggio?”.
Per rispetto alla sua persona non vale la pena tenere conto delle affermazioni pietose ma privi di pietà di alcuni alti esponenti cattolici. L’ipocrisia serve a coprire e nascondere quanto il cardinale pensava, diceva e faceva.

Rottamazione? Rosi Bindi Presidente
La volgarità linguistica, politica e sociale dello slogan di Matteo Renzi, candidato alle primarie dell’alleanza PD-SEL, è impressionante. La rottamazione, come è noto, è termine utilizzato per la demolizione delle vecchie macchine, ha senso solo in una visione cannibale della politica. Non un confronto su programmi, analisi della società, prospettive, ma si punta sull’età. Il confronto, anche duro, non può fondarsi sulla data di nascita in sé. Così per l’inaugurazioni, da Verona, del viaggio di Renzi attraverso l’Italia per la campagna alle primarie, il raffinato Paolo Giancon, consigliere provinciale padovano, dichiara: “domani saremo presenti per la prima vera azione di rottamazione nei confronti di Rosi Bindi, che inaugurerà la serata. Le chiediamo di farsi da parte; lei è molto brava ma fa politica dal 1989,dovrebbe lasciare il posto in parlamento a qualche nome più fresco”. È brava ma è tempo per un pesce fresco. Ma!
A me pare che Rosi Bindi potrebbe essere degnamente il prossimo presidente della Repubblica.


Il listino
Una delle aberrazioni dell’attuale legge elettorale sono le liste bloccate, formate per volontà del partito (o del suo segretario o maggiorenti) che formavano una lista di candidati in ordine “politico” che verranno eletti sulla base dei voti ottenuti dalla “lista”. L’elettore non è messo in condizione di scegliere i propri rappresentanti, è attraverso questo sistema che molte brave ragazze e alcuni ignobili personaggi sono entrate in parlamento e nella altre istituzioni. Tutti l’hanno classificata come una “porcata”.
Nella riforma elettorale di cui si parla, e che forse mai vedrà la luce, una quota dei parlamentari (il 50% sembra) sarà eletta (si fa per dire) attraverso listini bloccati, in modo, si dice, di portare in parlamento personalità ed esperti scarsi di appeal (parenti, mogli, amanti o cos’altro?). Non si capisce con quale faccia i critici dell’attuale sistema (PD, UDC, ecc.) possano giustificare una scelta del genere.
È sempre stata una tradizione dei maggiori partiti candidare personalità (i famosi “indipendenti”), di scarso appeal e riuscire a farli eleggere con … l’impegno delle singole organizzazioni politiche. Oggi con probabili collegi uninominali piccoli non dovrebbe essere difficile fare lo stesso.
Quella di “listini” sarebbe una scelta ingiustificata, corruttiva e impopolare.

Il ministro profumo, altro pasticcio
Il ministro della pubblica istruzione ha predisposto un provvedimento punitivo verso i precari e causa di una vertenzialità, sindacale e giudiziaria, di cui la scuola non ha proprio bisogno. Perché non ha pensato di riportare l’affollamento delle aule ad un livello decente? Perché non ha reintrodotto gli insegnati di sostegno per i portatori di handicap? Perché non ha pensato di rendere stabile il rapporto dell’insegnate con la propria scuola ed evitare la migrazione annuale? Nella scuola c’è bisogno di attenzione, di personale, di stabilità e anche di immissione di forze nuove.
Perché non pensare prima di agire secondo una regola che dovrebbe essere cara ai … tecnici?    


Selezionare gli invitati
Una volta le feste dell’Unità, ora del PD, erano luoghi di incontri e di confronti. Gli avversari politici venivano invitati. Ma mai si era vista l’esclusione del segretario della di una categoria sindacale importante, quest’anno non è stato così. Maurizio Landini, segretario della Fiom, è stato tenuto lontano dal popolo del PD. Non si capisce la motivazione; non credo che spaventi il dissenso, non credo un rigetto personale per antipatia, credo più realisticamente ad una sciatteria, che è ancora più grave.

Citazioni: nel bene e nel male

Ida Dominijanni, Il Manifesto, 29 agosto 2012
“Per il governo dei prof, ecco una buona occasione per fare i famosi compiti a casa: provarsi a riscrivere con qualche serena competenza tecnica una legge fin qui tecnicamente impresentabile” (a proposito della bocciatura della Corte europea di Strasburgo della legge 40, sulla procreazione assistita. Ma non sarà così, il ministro della salute e il governo pensano ad un ricorso. La tecnica svanisce a confronto con le gerarchie cattoliche più arretrate) 

Silvio Berlusconi, Corriere della Sera, 1 settembre 2012
“Ho un rapporto consolidato e leale con il presidente della Repubblica Napolitano” (che dire, mancano le parole)

Guido Rossi, Il Sole 24 Ore, 2 settembre 2012
“La grave crisi economica provocata dal capitalismo finanziario ha prodotto altre crisi nelle democrazie occidentali, tra le quali una nuova sta ora prepotentemente emergendo: la crisi del diritto. … Proprio ora quest’ultima (Corte di Giustizia di Strasburgo) ha ora bocciato la legge italiana 40  del 2004 sulla fecondazione assistita, la quale non consente la diagnosi pre impianto degli embrioni ai portatori di malattie genetiche. Dopo un intervento del cardinale Bagnasco, che ha bollato la sentenza della Corte come un legittimo superamento della magistratura italiana, il ministro Balduzzi ha dichiarato che probabilmente il Governo italiano proporrà ricorso. … L’atteggiamento dell’esecutivo in tal caso parrebbe assai singolare: etero diretto dall’Europa sui programmi economici, contrario però all’Europa sui diritti umani. A tutti i livelli come si vede, la lotta per il diritto deve costituire un’assoluta priorità per la società civile e fors’anche per le istituzioni politiche”.